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Il
mito dunque esiste nel racconto verbale e nella rappresentazione che
se ne fa, ma il racconto verbale o visivo trova materia ed alimento
nelle vicende degli dei e dei semidei che anticipano e comprendono quelle
degli uomini storici, tanto da essere stimolato e portato ad una altezza
insolita ed esemplare, in qualche modo definitiva e però continuamente
rinnovata dalla distanza che separa il qui umano (tutti i qui) dal modello,
una distanza che è separatezza ironica e insieme revitalizzazione
ogni volta originale.
È lì appunto che nasce il metalinguaggio poetico, in senso
lato cioè comprensivo delle variabili verbali e figurative: dove
la funzionale articolazione del linguaggio umano incontra il paralinguaggio
inespressivo e transustanziale del rito (infatti, i contenuti narrativi
del mito si danno per così dire in bilico tra l'umano e il divino,
facendo precipitare il divino nello spazio-tempo, addirittura nella
dimensione spirituale e psichica dell'umano); dove la parola guadagna,
se la prospettiva è dal basso, efficacia evocativa senza perdere
qualità comunicativa; dove la figura imitativa raggiunge la «somiglianza»
a ciò che non esiste, l'illustrazione della potenza del «mito
visivo»
Ma l'equivalenza mito-pittura può essere intesa in direzione
altra, se è altra. Dopo aver assunto «altrove» i
soggetti mitici, l'arte del figurare individua sé medesima come
tema mitico, ponendosi tra le varianti del mito della creazione, che
spesso riguarda nelle più diverse latitudini e culture un dio
artigiano che opera su una materia informe e la viene conformando in
figura, o un dio portatore di luce che riconosce nell'esistente oscura
materia un ordine e una bellezza, provandone soddisfazione e piacere.
Ma può riguardare vicende - specialmente viaggi, viaggi iniziatici
- che realizzano una presa di cosdenza, cioè il riconoscimento
di un ordine insieme soggettivo ed oggettivo. Per non dire che ciascuno
dei miti considerati può alludere all'atto creativo come esperienza
umana, è un racconto esemplare dove il conflitto tra disordine
e ordine, tra luce e tenebre, tra vita e morte... viene risolto dall'uomo
creatore, drammaticamente, in catarsi esemplare; portando contributo
alla identificazione della cosiddetta arte ed alla individuazione della
sua presenza nell'economia dell'esistente.
Per esempio, a proposito del mito argonautico. Paolo Levi, nel '95,
scopre senz'altro il «gioco» scrivendo: «X, Y, Z affrontano
il tema degli Argonauti con poetiche differenti, tutti insieme sublimano
il Mito attraverso un racconto pittorico contemporaneo, dove il colore
è frutto di una maestria di artisti che vivono e scoprono in
ogni ricerca il proprio Vello d'Oro. Per questo motivo i veri Argonauti
sono loro». Cioè sono loro - gli artisti oggi, di tutti
gli oggi trascorsi e da venire - quelli che tengono vivo nel presente
l'archetipo raccontato nel mito argonautico.
Come a dire che luogo di persistenza del mito in un tempo che sembra
aver attuato una drastica riduzione antropologica, semmai integrata
formalistica mente e intellettualmente (sono considerazioni di Giorgio
Luzi a proposito del «Labirinto»), sarebbe proprio l'arte
(e quindi la pittura
come la scrittura quando raggiungano il livello del «canto poetico»)......
continua
alla pagina Pittura come Mito 2 (maggio
2001)
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